Due domande a… Martina Lunardelli


Due domande a… Martina Lunardelli, interprete di conferenza e traduttrice certificata.

DI COSA TI OCCUPI E QUALI SONO LE TUE SPECIALIZZAZIONI?

Sono interprete di conferenza e traduttrice (inglese, spagnolo e italiano come mia lingua madre). Lavoro come libera professionista da quasi 12 anni e ho avuto modo di spostarmi in varie parti del mondo. In ambito convegnistico mi occupo di svariati argomenti, come il settore enogastronomico, automazione e robotica, PLE, macchine utensili, ambiti socio-ambientali, politiche europee, marketing, moda e cosmesi, agricoltura, itticoltura. Se parliamo invece di traduzione ritroviamo per esempio l’enogastronomia, le PLE e le macchine utensili, il settore fashion, l’agricoltura. Sono socia ordinaria AITI e ho ottenuto la Certificazione UNI 11591:2015. 

COME SI È EVOLUTO IL LAVORO DELL’INTERPRETE NEGLI ULTIMI ANNI, E IN PARTICOLARE A CAUSA DI QUESTA PANDEMIA?

All’inizio della pandemia da COVID-19 la comunità “interpreti” era un po’ confusa e incerta sul futuro della categoria e dei nostri incarichi. Ci siamo mobilitati sin da subito per cercare di capire come fronteggiare una situazione che pian piano veniva a delinearsi come tutt’altro che temporanea. Il 2020 è stato molto duro. Tutti gli incarichi sono stati posticipati a data da destinarsi o cancellati, l’insicurezza dilagava.

Pian piano però ho imparato a utilizzare nuove piattaforme di interpretariato da remoto (RSI), che hanno permesso a noi professionisti e ai nostri clienti di poter continuare il lavoro. Lo spostamento al remoto non è stato e ancora non è una passeggiata. Non tanto in termini di uso delle piattaforme, ma per il carico di lavoro al quale siamo sottoposti. Carico di lavoro che, in un batter d’occhio, ha inglobato non “solo” l’attività di interpretariato, ma anche le questioni tecniche (stabilità di connessione, qualità audio, insonorizzazione, ecc.). Non è facile trovarsi da soli invece che in cabina, a gestire tutta una serie di aspetti che pre-pandemia non erano nostro appannaggio.

Nell’ultimo anno ho investito molto su formazione e hardware (microfono desk, pannelli fonoassorbenti, scheda audio esterna, e chi più ne ha, più ne metta), per poter continuare a offrire ai miei clienti un servizio professionale e per poter garantire a me stessa un minimo di tutela a livello di qualità audio che entra nelle mie orecchie e di ergonomia del posto di lavoro. Un altro aspetto molto gravoso per me è che sono un animale decisamente sociale. Mi manca molto lavorare di persona ed entrare in contatto con colleghe/i e clienti. Sono certa che la nostra nuova normalità sarà un ambiente ibrido: in presenza e da remoto. Sta a noi professionisti mantenere alto il nostro buon nome in un mondo sempre più rapido e digitale per mantenere i nostri alti standard di professionalità.

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